Nell’ambito degli incontri professionali organizzati con AICI – Albo Imprese di Comunicazione Indipendenti – c’è stato un incontro con l’Art Director Silvano Guidone, che ha lavorato per 40 anni (1955-1995) presso lo Studio Armando Testa, la più grande agenzia di pubblicità italiana.
Durante l’incontro Guidone ha esposto molto chiaramente le strategie che, con Armando Testa, aveva avuto modo di elaborare per conto di grandissime imprese italiane ed, all’interno di queste, ha sottolineato la forza dell’immagine come segno principale dell’attività di comunicazione.
Immagine non intesa come fotografia, la quale peraltro era la base di partenza del progetto, ma come segno distintivo generalmente su fondo bianco, che veniva elaborato manualmente dai collaboratori dell’agenzia.
Era una tecnica che funzionava benissimo soprattutto in affissione dove Armando Testa era assoluto protagonista, figlia del vissuto del momento. Arrivò la pubblicità televisiva e con Carosello la pubblicità cominciò ad arrivare alle famiglie italiane e generò un profondo cambiamento nella comunicazione.
Immagine fotografica nella pubblicità
Personalmente ho sempre creduto nella forza dell’immagine fotografica usata anche in pubblicità, convinzione che trovava credito nel verificare le attività pubblicitarie degli altri paesi nel mondo.
Mi ricordo ad esempio di una campagna per le sigarette Peter Stuyvesant, che veniva diffusa negli anni ‘70 formata da 400 annunci, tutti in linea con la stessa strategia, con fotografie molto semplici dei due protagonisti in giro per il mondo in situazioni differenti con la loro sigaretta e con l’head-line: più esperienze.
Con questa filosofia in Germania nel 1972 la campagna spopolò. Il successo non era delle foto, né tantomeno del testo e neanche dell’head line, ma dal metodo usato con un investimento che superava i 4,5 milioni di DM.
Proprio da questa analisi è nata in me la convinzione che con un metodo simile, ma con immagini forti e con l’uso di testi ugualmente impattanti si poteva ottenere un risultato molto importante anche con piccoli budget.
Infatti nel 1995 mi si presentò l’occasione di usare questa strategia per una campagna sul turismo per quattro aree della Regione Piemonte: Canavese, Langhe Roero e Monferrato, Lago d’Orta e Valsesia.
L’investimento era di circa 400 milioni ad area. Realizzai quindi per ogni area fotografie di buona qualità, che insieme al testo, invitavano a visitare i luoghi rappresentati ottenendo un risultato importante in una Regione, che non aveva mai fatto campagne pubblicitarie di questo tipo. Dopo questo successo, nacque l’agenzia Turismo Torino.
Nella mia lunga vita professionale, ho avuto altre esperienze e sono convinto che l’uso della fotografia in pubblicità o per la comunicazione aziendale non può essere affidato a persone non conoscenti, non solo della tecnica, ma anche di un minimo di strategia.Viviamo un tempo dove si pensa di poter comunicare a costo zero usando la rete; può anche essere vero ma la buona comunicazione, quella che si chiama non a caso investimento, prevede un impegno diverso e una grande attenzione. I nuovi media non sostituiscono quelli esistenti, ma vanno usati con attenzione.
Vi segnalo quindi l’intervento di Brad Jakeman, presidente del gruppo PepsiCo, al panel organizzato dal Wall Street Journal durante il festival annuale della pubblicità di Cannes 2016.
Jakeman ha dichiarato che “con l’aumento della pubblicità digitale e con il tradizionale spot da 30 secondi, che assomiglia sempre più a una reliquia del passato, i brand si sentono costretti a sfornare centinaia di messaggi su altrettanti media. Il che sta riducendo la qualità del marketing e sta creando una sorta di “discarica digitale” di “contenuti spazzatura” che vengono prodotti in modo rapido ed economico ma che non si connettono con la narrativa del brand”.
In sintesi i Brand avranno sempre più bisogno delle qualità creative di strutture non improvvisate e figlie della rete; per fortuna qualcuno ci crede ancora. Io sono fra questi.
Franco Turcati, Consigliere CDVM