Con il mese di gennaio gli addetti amministrativi sono alle prese con le famigerate “Long Term Declaration”, la dichiarazione a lungo termine con la quale un’azienda dichiara l’origine preferenziale delle merci.
Molto spesso, soprattutto in passato, tali dichiarazioni venivano rilasciate con estrema facilità e firmate come uno dei tanti documenti “burocratici” ai quali dedicarsi ad inizio anno.
La dichiarazione di origine preferenziale
Cerchiamo di capire, invece, cosa vuol dire tale dichiarazione di origine preferenziale e perché è importante capire a cosa serve.
Cosa significa origine preferenziale? E’ uno strumento che consente ai prodotti importati e/o esportati da o verso alcuni Paesi e che soddisfano precisi requisiti, la concessione di benefici daziari. In poche parole, le merci che vengono dichiarate di origine preferenziale UE non pagano dazio a destino o quando vengono importate in UE dai paesi accordisti.
Infatti alla base di tale concetto esiste un accordo tra UE e più Paesi, attraverso il quale per lo scambio di determinati prodotti riconosciuti come originari di uno dei Paesi contraenti, viene riservato appunto un “trattamento preferenziale”.
La parte più difficile è determinare se il prodotto dell’azienda è o meno preferenziale. Infatti per stabilirlo è necessario sottostare alle regole dei vari Accordi e Protocolli di intesa, in cui sono elencati tutti i prodotti (secondo la loro classificazione doganale) e le regole “di origine preferenziale” che essi devono rispettare per godere di tali vantaggi.
E’ indubbio che in epoca di globalizzazione dei mercati tali meccanismi vogliano rendere più facile gli scambi commerciali, ma allo stesso tempo “proteggere” le fabbricazioni/produzione unionali. Non basta però che un’azienda produca in Europa bensì è necessaria un’analisi attenta delle regole di origine. Ad esempio alcune regole possono affermare che nella produzione di un tale bene, affinché possa essere di origine preferenziale, possa essere utilizzato al massimo il 45% di merce extra UE oppure che nella produzione vengano utilizzati prodotti con codice doganale diverso, oppure, ancora, che sia effettuata una determinata lavorazione espressamente descritta.
Queste sono le regole, la cui scarsa conoscenza in fase di dichiarazione può procurare sanzioni amministrative e penali.
Le opportunità della dichiarazione
Passiamo ora alle opportunità. Infatti, se da una parte le aziende approcciano tali temi perché si sentono obbligate alla redazione della dichiarazione (si ricorda invece che non è obbligatoria) a lungo termine, dall’altra sarebbe opportuno che tali analisi fossero condivise anche con gli uffici commerciali.
I direttori commerciali, molto spesso, nel tracciare le mappe delle attività di internazionalizzazione non considerano tale dato, che, invece, è assolutamente importante. Se ad esempio in un Paese la mia merce, che ho capito essere UE, e quindi preferenziale, non fa pagare dazio al cliente è indubbio che la mia capacità su tale mercato sarà di molto agevolata rispetto ai prodotti di altri Paesi che non godono di tali benefici. Il prezzo del mio prodotto sarà decurtato di tali oneri (a volte i dazi possono arrivare sino al 20%) a parità di margine.
Il futuro delle nostre aziende dipende dalla loro capacità di stare su tutti i mercati eppure molto spesso non vengono colte le enormi opportunità che tali accordi stipulati dall’Unione Europea offrono.
Inoltre, un’approfondita conoscenza delle regole di origine afferenti il prodotto, consente alle aziende di ragionare sul proprio mix di produzione al fine di “costruire” la preferenzialità della merce, sfruttando il vantaggio del non pagamento dei dazi a destino ed aprendosi a mercati che potevano risultare chiusi per problemi legati ai prezzi.
L’aspetto doganale quindi si configura come una componente spesso trascurata nella attività di internazionalizzazione d’impresa, ma che costituisce componente fondamentale per la buona riuscita di penetrazione sui mercati esteri.
Rosaria Iascone
Sportello Doganale Unione Industriale di Torino
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